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Pubblicato in prima edizione nel 1655, ma ristampato più volte mentre era ancora in vita il suo autore, quindi riproposto in svariate edizioni tra Sette e Ottocento, "Il torto e 'l diritto del non si può" rappresenta una modalità inedita di discussione dei problemi linguistici nel medio Seicento, in quanto si sottrae all'opposizione frontale e manichea tra oppugnatori e sostenitori della Crusca. Facendo appello a quelle stesse autorità (gli autori del Trecento) cui si richiamavano i fiorentinisti, Bartoli discute la norma cruscante (e non solo quella) non già per demolirla, ma per relativizzarla, lasciando al buon gusto di chi scrive un margine di scelta che sembrava negato dal rigore dei "pedanti", dallo "schiamazzar de' grammatici" e da quanti brandivano e menavano il "non si può [...] alla cieca come la mazza di Polifemo".